Il Decreto Salva Casa riclassifica la gravità dell’abuso edilizio prevedendo una semplificazione per la sanatoria di quelli parziali o “minori”
Dal 30 maggio 2024 sanatoria semplificata per gli abusi parziali o “minori”. È quanto previsto dal nuovo art. 36-bis inserito nel d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dal D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa).
Difformità edilizie: dalle non violazioni agli abusi più gravi
Nella rinnovata versione del Testo Unico Edilizia (TUE), sul quale dovremo attendere la conversione in legge entro il prossimo 28 luglio per conoscerne quella definitiva, il legislatore ha:
Una scelta che prende in considerazione il palese errore nell’aver previsto (fino al 29 maggio 2024) una eguale procedura di regolarizzazione sia per gli abusi più gravi (art. 31, TUE) che per le parziali difformità (art. 34, TUE).
Mentre per gli abusi più gravi la procedura di sanatoria è rimasta immutata (doppia conformità e silenzio-rigetto sull’istanza dopo 60 giorni), una grande novità è stata prevista per le parziali difformità.
Il nuovo art. 36-bis del TUE ha, infatti, previsto una procedura semplificata che può essere attivata su istanza presentata dal responsabile dell'abuso o dall'attuale proprietario dell'immobile.
In particolare, la sanatoria per gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa può essere ottenuta:
Diversamente dalla condizione prevista nel caso di assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, per gli abusi parziali è previsto che la sanatoria possa essere richiesta e ottenuta se l'intervento risulti conforme:
Altro aspetto significativamente diverso per gli abusi maggiori riguarda il fatto che lo sportello unico per l’edilizia può rilasciare la cosiddetta “sanatoria condizionata” esclusa dalla giurisprudenza fino al 29 maggio 2024.
Sono tanti gli interventi dei tribunali che hanno escluso la sanatoria condizionata (ad esempio la sentenza del Consiglio di Stato 15 novembre 2023, n. 9776) secondo i quali un eventuale permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni postulerebbe non la “doppia conformità” delle opere abusive pretesa dalla normativa, ma una sorta di conformità ex post condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni.
Dal 30 maggio 2024, quindi, si potrà presentare un permesso di costruire in sanatoria in cui lo sportello ne condizioni il rilascio alla preventiva attuazione, entro un termine assegnato ma non specificato, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Al permesso di costruire in sanatoria per le parziali difformità (su cui al momento non esiste alcuna modulistica) occorre allegare la dichiarazione del professionista abilitato che attesti le due conformità urbanistica (al momento della presentazione dell’istanza) ed edilizia (al momento della realizzazione dell’intervento).
Per la verifica dell’epoca di realizzazione dell'intervento il tecnico potrà utilizzare la documentazione prevista per l’attestazione dello stato legittimo (art. 9-bis, comma 1-bis, TUE).
Nel caso gli interventi in parziale difformità siano stati eseguiti anche in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento.
L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini, il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente.
Diversamente per gli abusi maggiori, per la sanatoria delle parziali difformità è richiesto il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro.
Nel caso di assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Altra differenza con gli abusi maggiori, per le parziali difformità se il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale non si pronuncia sull’istanza di sanatoria entro 45 giorni, la stessa si intende accolta (silenzio-assenso). Alle SCIA in sanatoria, invece, si applica sempre il termine di cui all'articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (30 giorni) per la formazione del titolo.
Nel caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, i surichiamati termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. Decorsi tali termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci.
Resta salvo (ma questo la norma non lo dice) l’annullamento d’ufficio previsto all’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 secondo la quale il provvedimento amministrativo illegittimo ovvero adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato per silenzio-assenso e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
Infine, i termini su indicati possono essere interrotti qualora l'ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni prevista dal testo unico edilizia.
(Fonte: lavoripubblici.it)