Il Senato concluderà solo oggi, con il voto di fiducia, l’esame del decreto superbonus (il testo poi dovrà essere approvato anche dalla Camera). Ma la macchina degli acquisti di crediti fiscali edilizi si sta già fermando, a causa del blocco delle compensazioni con debiti previdenziali e assicurativi, appena deciso dal Governo e recepito dal Parlamento proprio nella legge di conversione del Dl 39/2024. È un effetto sicuramente atteso, ma che ieri è stato confermato direttamente dagli istituti di credito. L’esecutivo Abi, che si è riunito in mattinata, ha ufficializzato infatti la sua posizione.
Con la stretta in arrivo dal 2025, «per le banche sarebbe impossibile compensare i crediti d’imposta acquistati, incidendo negativamente sulla loro capacità di acquistare ulteriori crediti». Quindi, il blocco delle compensazioni crea un effetto a catena che, già da subito, porterà al blocco di quello che restava in vita del mercato delle cessioni. Resta fuori da questa stretta sulle compensazioni - va sottolineato - Poste che ha ancora attiva la sua piattaforma di acquisto dei crediti.
Dopo lo stress test di martedì in commissione Finanze al Senato, con l’accordo interno alla maggioranza raggiunto alla fine di una giornata di tensioni, ieri i lavori parlamentari sono stati caratterizzati dall’ultima coda di queste polemiche. Forza Italia, infatti, non si è presentata in Aula durante la discussione generale sul testo. Ripercussioni del voto di martedì, nel quale l’emendamento del Governo è passato in commissione Finanze grazie all’ok di Italia Viva e del presidente della commissione Massimo Garavaglia (Lega), mentre l’unico senatore azzurro, Claudio Lotito, si è astenuto.
La linea di fermezza voluta dal ministero dell’Economia, anche sulle misure retroattive, ha quindi tenuto, non solo con lo spalmadetrazioni che coprirà tutte le spese sostenute nel 2024, quindi anche quelle precedenti all’entrata in vigore del decreto 39, ma anche con il doppio intervento sul mondo delle banche, delle assicurazioni e degli intermediari finanziari: lo stop alle compensazioni con debiti Inps e Inail dal 2025 e la sanzione per chi, approfittando dei problemi dei venditori, ha comprato crediti a un prezzo troppo basso. Soprattutto la prima misura, però, ora rischia di generare dei contraccolpi sul mercato dei crediti edilizi (si veda anche l’articolo in basso).
Queste strette - va ricordato - incidono su un provvedimento che, già nella versione originaria, limitava pesantemente il superbonus e la circolazione di crediti fiscali. L’obiettivo di massima è quello di bloccare tutte le ipotesi residue di cessione del credito e sconto in fattura, pur con alcune piccole eccezioni. Resta, poi, intatta la norma di impatto maggiore di tutto il decreto: non daranno più diritto alla cessione le Cilas dormienti, per le quali al 30 marzo 2024 non sia stata sostenuta alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati. In questo modo viene tolta la possibilità, a chi non ha ancora avviato lavori, di aprire un cantiere che utilizzi la cessione del credito. Ma, allo stesso tempo, vengono anche penalizzati soggetti che avevano avviato le opere o le pratiche e che semplicemente non hanno effettuato pagamenti.Altro passaggio particolarmente duro riguarda la remissione in bonis, cioè la possibilità di sanare con una sanzione le comunicazioni di cessione e sconto non arrivate nei termini ordinari.
Questa chance salta completamente, come era già previsto dalla prima versione del Dl, anche per i casi di errori formali. Non è stata approvata una norma che riaprisse la porta per le piccole correzioni, sulla quale sembrava essersi formato un consenso all’interno della maggioranza. Un consenso che, però, si è scontrato con gli oneri eccessivi di un emendamento del genere. D’altronde - come ha spiegato il relatore del decreto, Giorgio Salvitti (Fdi) - «i dati ci mettono di fronte a una realtà incontrovertibile: abbiamo il dovere di mettere in salvo i conti pubblici». Arriva, infine, lo spostamento in avanti di un anno della sugar tax. La sua partenza viene spostata dal 1°luglio del 2024 al 1° luglio del 2025. Anche l’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate è stata al centro delle polemiche politiche dei giorni scorsi. Sul suo rinvio, però, l’accordo è arrivato.
Per chi ha già detratto non ci sono più cessioni
Strada a senso unico per chi ha già portato una rata di bonus casa in detrazione. Non potrà, infatti, più cedere le rate residue, ma dovrà far passare tutto dalla dichiarazione anche negli anni successivi. Lo stabilisce una delle norme presentate dal Governo che, a ben vedere, avrà di fatto effetti retroattivi, perché cambierà in corsa le regole per chi aveva già programmato di utilizzare le agevolazioni in un certo modo. «Non è in ogni caso consentito l’esercizio dell’opzione» di cessione del credito e sconto in fattura «in relazione alle rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi» collegati ai bonus casa. La novità riguarda tutti i bonus cedibili. Quindi, non soltanto il superbonus, ma anche il bonus ristrutturazioni, l’ecobonus e il sismabonus.
Sanzione per gli acquisti fatti a prezzi stracciati
Tempi di utilizzo dei crediti più lunghi, con una spalmatura su sei anni, per banche, intermediari finanziari e assicurazioni che abbiano acquistato agevolazioni con uno sconto eccessivamente basso, inferiore al 75% dell’importo nominale. È il senso di una delle novità inserite nel decreto 39/2024 nel passaggio in commissione Finanze. L’intervento, che ha l’obiettivo di sanzionare l’applicazione di tassi usurari, riguarda soltanto i crediti generati a partire dal 1° maggio 2022, dotati quindi di codice identificativo unico. Le rate annuali dei crediti di imposta di superbonus, bonus barriere e sismabonus, utilizzabili a partire dal 2025, saranno ripartite in sei rate annuali di pari importo, «in luogo dell’originaria rateazione prevista per tali crediti». La quota non utilizzata nel corso dell’anno andrà persa e non potrà essere recuperata.
Bonus ristrutturazioni al 30% dal 2025 al 2033
Nell’emendamento del Governo al decreto superbonus, che è stato approvato dalla commissione Finanze del Senato, viene prevista la riduzione della detrazione per le ristrutturazioni edilizie che, fino al 31 dicembre 2024, è pari al 50% delle spese sostenute sino al massimo di 96mila euro, mentre dal 1° gennaio 2025 tornerà nella misura ordinaria del 36% su un massimo di spesa pari a 48mila euro. Invece, dal 2028 al 2033 l’aliquota di detrazione sarà ridotta al 30 per cento. La rimodulazione della misura è contenuta nelle disposizioni finanziarie a copertura previste dall’emendamento. Nulla si dice del plafond di spesa agevolata che, dunque, dovrebbe rimanere fermo a 48mila euro.
Comuni in campo per i controlli sui lavori inesistenti
La sfida principale sarà ora convincerli, cercando di evitare gli (ormai decennali) insuccessi della compartecipazione al gettito nelle segnalazioni sulla lotta all’evasione. Governo e Parlamento chiamano in causa i Comuni per dare la caccia alle frodi, promettendo il 50% degli incassi recuperati. Non solo sul superbonus, perché il raggio d’azione del “mandato” consegnato si estende anche alle altre agevolazioni in formato maxi previste dal decreto Rilancio (Dl 34/2020). L’obiettivo è quello di dare la caccia ai lavori inesistenti totalmente o parzialmente. Ecco perché vengono chiamati in causa per ciascun centro - come prevede l’emendamento presentato dal Governo e approvato durante l’esame della commissione Finanze al Senato - il «competente ufficio comunale» nell’ambito «delle attività di vigilanza e di controllo previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia». Di fatto, si tratta degli uffici tecnici che, eventualmente avvalendosi della polizia municipale, qualora dovessero riscontrare un’assenza totale o parziale dei lavori per cui si ha diritto al superbonus (e non solo) attiveranno il canale delle segnalazioni qualificate all’agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza competenti per il territorio su cui è ubicato l’immobile.
Nessun obbligo, quindi, ma l’avvio di una collaborazione istituzionale, che dovrebbe portare a emergere nuove ipotesi di frode. Un intento che sulla carta potrebbe apparire foriero di un maggior presidio sul territorio contro chi ha davvero abusato dei crediti edilizi senza averne diritto o addirittura perpetrando gravi illeciti nei confronti dell’Erario. Però, in concreto, l’obiettivo rischia di rimanere nel libro delle buone intenzioni. Non essendo previsti piani specifici di controllo, i Comuni avranno le forze in termini di donne e uomini e la volontà da dedicare anche a questo presidio? Gli uffici tecnici sono già sotto forte pressione per cercare di realizzare entro i tempi stabiliti le opere del Pnrr. E poi c’è il tema della volontà politica che, soprattutto nei centri più piccoli, rischia di tramutare i controlli in un boomerang in termini di consenso. Un contraccolpo che potrebbe essere non adeguatamente bilanciato dalla promessa della metà delle somme recuperate.
Lo spalmadetrazioni non penalizza le imprese. Crediti fiscali al riparo
Una manovra retroattiva sulle spese dei contribuenti, ma con scarso impatto sulle imprese che hanno acquisito sconti in fattura. Se dai primi annunci sulle correzioni al decreto 39/2024 molti avevano temuto che la spalmatura avrebbe colpito in maniera indiscriminata tutte le forme di agevolazione attualmente in campo, all’atto pratico la versione finale dell’emendamento, presentato dal Mef e al voto oggi in Aula, ha dato un esito molto differente. Il testo, infatti, mette su due piani separati e non comunicanti le detrazioni e i crediti di imposta. Per le prime (che vanno scontate in dichiarazione) viene esplicitamente disposta la spalmatura su dieci anni. Questa riguarda «le spese sostenute a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»: quindi, tutte le spese effettuate nel 2024. E riguarda il superbonus (che finora era diviso in quattro rate), il bonus barriere architettoniche (cinque rate) e il sismabonus, anche in versione acquisti (anche questo in cinque rate). Ricapitolando, per tutti questi sconti fiscali le detrazioni dal 2024 in futuro (quindi, anche nei prossimi anni) saranno decennali. Normalmente, al momento della conversione della detrazione in credito di imposta (scontabile non più dichiarazione ma tramite F24), questo segue la scansione temporale del bonus.
L’emendamento del Mef, però, prevede un’eccezione a questa regola generale. E, in questo modo, sgancia il destino delle detrazioni (normalmente usate dai titolari dei lavori) da quello dei crediti fiscali (ceduti, invece, a imprese e intermediari). In deroga alle regole generali, allora, i crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni di cessione e sconto in fattura continueranno a essere ripartiti in quattro quote annuali per i lavori di superbonus e in cinque quote per i lavori del bonus barriere architettoniche e del sismabonus. In questo modo, viene azzerato l’impatto della manovra di spalmatura sulle imprese che hanno acquisito sconti in fattura nel 2024: continueranno a seguire la consueta ripartizione temporale.
(Fonte: ilsole24ore.com)