Tra i requisiti richiesti per il rilascio della patente ci sono anche il possesso del Durc e del Durf. Analogamente, la possibilità di inviare l’autocertificazione via pec consente di attestare il possesso dei requisiti richiesti. «Come si può notare - si legge nella nota dei Consulenti del Lavoro dedicata alla patente a crediti in edilizia - l’autocertificazione non riguarda il possesso materiale del documento, ove previsto, bensì dei requisiti necessari per ottenerlo». In altre parole, se si è certi del possesso dei requisiti richiesti è possibile inviare l’autocertificazione anche senza avere “in tasca” il certificato.
Il Durc
In particolare i consulenti del lavoro applicano il principio al caso del Durc. Si legge infatti che «si ritiene pertanto che, ad esempio per il Durc, il richiedente la patente possa dichiarare il possesso dei requisiti previsti anche se non gli fosse stato ancora rilasciato il documento, fermo restando il rischio di aver prodotto una dichiarazione mendace», cioè il rischio di incorrere in una falsa dichiarazione, e relative conseguenze penali. Non solo. È importante anche il momento della autodichiarazione, perché il possesso del requisito sarà riferito esattamente a quel giorno: «il momento che assume rilevanza ai fini del possesso dei requisiti - si sottolinea nella nota - è quello in cui il richiedente ha effettuato la richiesta o, se precedente, la data di sottoscrizione dell’autocertificazione». Ne consegue anche che la perdita del requisito in data successiva non avrà conseguenze automatiche: «l’eventuale variazione o perdita dei requisiti previsti - osservano i consulenti - si ritiene non si riverberi sulla validità della patente già rilasciata». Ma questo lo afferma anche l’Ispettorato del Lavoro nella sua prima circolare, citando espressamente il caso del Durc.
Il Durf
Quanto al documento di regolarità fiscale, i consulenti del lavoro confermano che non sempre è necessario. Si ricorda che l’obbligo riguarda «i sostituti di imposta che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici».
Per quanto riguarda l’elemento discriminante del «prevalente utilizzo della manodopera», la nota ricorda che, secondo quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate, «in relazione ai contratti misti di affidamento del compimento di opere e servizi o ai contratti di affidamento di opere, al fine di determinare la prevalenza, nel caso di occorrerà fare riferimento al numeratore alla retribuzione lorda riferita ai soli percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilato e al denominatore al prezzo complessivo dell’opera (o dell’opera e del servizio nel caso di contratti misti). La prevalenza si intenderà superata quando il rapporto tra numeratore e denominatore è superiore al 50%».
Per quanto invece riguarda il requisito relativo «all’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma», l’Agenzia delle entrate - ricordano i consulenti del lavoro - ha chiarito che sono «ordinariamente macchinari e attrezzature che permettono ai lavoratori di prestare i loro servizi, ma ciò non esclude che siano utilizzate altre categorie di beni strumentali. La riconducibilità dei beni strumentali ai committenti potrà avvenire a qualunque titolo giuridico: proprietà, possesso, detenzione. È in ogni caso necessario che i beni strumentali non siano viceversa esclusivamente riconducibili a qualunque titolo giuridico agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari e agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati».
Sempre relativamente al Durf, da questo perimetro sono escluse le imprese che «non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione». E si ritiene che siano escluse anche le imprese con meno di tre anni di attività. «Diversamente - ragionano i consulenti del lavoro - significherebbe escludere ab origine tali soggetti da coloro che possono svolgere attività nei cantieri a prescindere dal requisito di regolarità che non potrebbe essere evidentemente oggetto di certificazione per carenza del requisito soggettivo previsto ai fini del rilascio».
(Fonte: ilsole24ore.com)